BANCO ALIMENTARE

Un Popolo in Cammino onlus opera con la Fondazione Banco Alimentare Toscana onlus per la distribuzione di generi alimentari in situazioni di indigenza.

In Toscana sei famiglie povere su cento.
L’esperienza del Banco Alimentare

di Laura D'Ettole
http://www.coopfirenze.it/info/art_3508.htm

Salgono per le scale di notte, per paura di urtare la suscettibilità dei “nuovi poveri”. E chi apre la porta lo fa con vergogna, con il timore di essere visto dai vicini di casa.
È questa la realtà della nuova esclusione sociale, vista con gli occhi delle 408 associazioni di volontariato che fanno capo alla fondazione Banco Alimentare toscana. In cifre circa 2000 tonnellate di prodotti raccolti nel 2005, e ridistribuiti a quasi 53 mila assistiti. «Nella ricca Firenze si stima che nei momenti di punta ci siano 500 persone che dormono per strada», dice il presidente del Banco Alimentare toscano Natale Bazzanti. Una povertà estrema che colpisce soprattutto gli anziani, chi è senza famiglia. Ma poi c’è il bisogno più occulto, quello che sta fra le pieghe di vite apparentemente “normali”, e che si manifesta con pudore e a fatica: «È quello delle tante famiglie toscane che non riescono ad arrivare in fondo al mese», continua Bazzanti.

L’Irpet recentemente ha scattato l’istantanea del disagio sociale in regione. In Toscana oggi si possono definire povere 6 famiglie su 100; fra queste, una è in una condizione di povertà che le statistiche definiscono “assoluta”. Negli ultimi anni sono cambiate le caratteristiche dell’indigenza: ci sono più giovani, più operai e impiegati rispetto a ieri. Senza contare che i lavoratori precari hanno ben il 245% di probabilità in più di essere poveri rispetto a quelli assunti stabilmente.
La possibilità di appartenere ad una famiglia indigente aumenta per i nuclei monoreddito, con minori, che vivono in affitto. In più, chi proviene da una famiglia disagiata ha una probabilità di ritrovarsi nella stessa condizione del padre di tre volte superiore rispetto a quella degli altri individui. Tutto questo nella civilissima Toscana, una regione in cui il reddito medio è fra i più alti in Europa.

«Il Banco Alimentare nasce per lottare contro lo spreco», sottolinea Bazzanti. Per recuperare quell’eccesso di merce che “gira” intorno a tutti noi: famiglie, singoli, imprese. Nel magazzino di Calenzano, dove lavorano i 45 volontari della fondazione, da poco ampliato fino a 1250 mq, giungono le cose più varie. Oltre il 40% dei prodotti arriva dall’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura che fa capo al ministero degli Affari esteri). Si tratta di 800 tonnellate di generi alimentari che provengono dalle eccedenze agricole e che l’Unione europea prevede siano trasformate in pasta, biscotti, riso e formaggio destinati a chi non ha da mangiare. Ma questa fonte così preziosa in prospettiva si andrà dimezzando perché sta cambiando la politica comunitaria in agricoltura, e dovrà essere sostituita da altre.

Le varie industrie attualmente contribuiscono alla raccolta del Banco con un ulteriore 17%; la grande distribuzione con il 5%, e per ben il 37% le varie collette alimentari. Nell’ultima effettuata lo scorso anno, 6500 volontari hanno “piantonato” 366 supermercati mettendo in moto una prodigiosa macchina della solidarietà che ha ottenuto migliaia e migliaia di prodotti dai cittadini toscani. Dal cibo per l’infanzia all’olio, dalla carne ai legumi in scatola.
Ai destinatari degli aiuti alimentari, grazie a tutta questa rete messa in moto dal Banco, oggi arrivano merci per circa 40 chili procapite all’anno: forse non è abbastanza, ma per ora non è possibile fare di più.
Una volta rinchiusa nelle scatole, nel magazzino di Calenzano, questa massa di cibo attraversa i mille rivoli delle società toscane del volontariato per arrivare sulle mense dei poveri, nelle comunità di recupero. Oppure ai singoli e a quelle famiglie che vengono aiutate con la consegna dei pacchi a domicilio. Tante storie e ancora storie di vita drammatiche, in un intreccio che non fa respirare.
Solo al parroco, quasi in confessione, la gente rivela il proprio bisogno. E lui, con discrezione assoluta, allerta la rete del volontariato che accorre in aiuto.
Deve farlo sempre più spesso di notte, però, quando gli “altri” dormono e sognano. E in punta di piedi, per non farsi vedere.

Le testimonianze
C’è chi ha donato un intero carrello di spesa, ma in tanti hanno riconsegnato il sacchetto mezzo vuoto quasi scusandosi di non poter fare di più. «Sono dieci anni che mi occupo della Colletta alimentare – dice Simone Bonini, responsabile del punto raccolta del supermercato Coop di via Salvi Cristiani – e non mi era mai successa una cosa del genere. È un fenomeno che ci deve far riflettere». Le situazioni di disagio sono tante e non arrivano solo da lontano.
«Ogni anno c’è ancora qualcuno che ci chiede se quello che raccogliamo andrà per il Terzo mondo», dice Marcello Marinai, della Misericordia di Firenze. E quando gli spiegano che sarà utilizzato all’interno della Toscana rimangono stupiti. Alla Misericordia provvedono da soli a preparare pacchi di viveri attraverso il servizio “Aiuto alimentare”, che assiste circa 200 famiglie in tutta la città. Anziani soli, famiglie per lo più fiorentine (quelle extracomunitarie sono poche) che attraversano un periodo di difficoltà e che sono le prime a segnalare onestamente di non avere più bisogno dei viveri quando finalmente ritrovano lavoro dopo averlo perduto. Ma non è solo una questione economica, anche se la povertà è una forte componente.
«Sono famiglie disgregate, dove il padre è spesso assente, con problemi di tossicodipendenza e di abbandono», dice Roberta Bastiani, vicepresidente del Centro aiuti alla vita di Massa. L’obiettivo è aiutare queste persone, per lo più donne, a diventare autonome, a trovarsi un lavoro. «Non diamo loro soltanto da mangiare – conclude Roberta Bastiani -. Il cibo è soprattutto un mezzo per avvicinarle e iniziare con loro un percorso verso un futuro dignitoso».

L'associazione è inoltre impegnata nel recupero dei prodotti alimentari e non alimentari, alimenti ad alta deperibilità rimasti invenduti nella grande distribuzione (supermercati, ecc. ) in conformità a quanto previsto dalle Legge n. 155 entrata in vigore il 16/07/2003 (legge del Buon Samaritano) in materia di “disciplina della distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale” e Legge Regionale n. 32 del 25/06/2009 (Interventi per combattere la povertà ed il disagio sociale attraverso la redistribuzione delle eccedenze alimentari) al fine di distribuirli ai bisognosi.


E’ nostro intento incoraggiare e facilitare il recupero di prodotti alimentari ancora perfettamente commestibili e di prodotti non alimentari, il cui unico svantaggio è quello di avere perso valore commerciale e di essere quindi esclusi dal mercato tradizionale.

Pertanto come associazione di volontariato siamo attivi nel promuovere e sostenere politiche finalizzate ad attenuare le condizioni di disagio delle persone e delle famiglie, nel reperire risorse e  incoraggiare l’autoresponsabilizzazione dei soggetti che decidono di farsi coinvolgere nell’attività di recupero, con la consapevolezza della delicatezza dei rapporti con i destinatari ultimi della filiera.


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